Il Vangelo della domenica
25 dicembre 2011
In quei
giorni un decreto di Cesare Augusto
ordinò che si facesse il censimento di
tutta la terra. Questo primo censimento
fu fatto quando Quirinio era governatore
della Siria. Tutti andavano a farsi
censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla
città di Nàzaret, salì in Giudea alla
città di Davide chiamata Betlemme: egli
apparteneva infatti alla casa e alla
famiglia di Davide. Doveva farsi censire
insieme a Maria, sua sposa, che era
incinta. Mentre si trovavano in quel
luogo, si compirono per lei i giorni del
parto. Diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo avvolse in fasce e lo
pose in una mangiatoia, perché per loro
non c’era posto nell’alloggio. C’erano
in quella regione alcuni pastori che,
pernottando all’aperto, vegliavano tutta
la notte facendo la guardia al loro
gregge. Un angelo del Signore si
presentò a loro e la gloria del Signore
li avvolse di luce. Essi furono presi da
grande timore, ma l’angelo disse loro:
«Non temete: ecco, vi annuncio una
grande gioia, che sarà di tutto il
popolo: oggi, nella città di Davide, è
nato per voi un Salvatore, che è Cristo
Signore. Questo per voi il segno:
troverete un bambino avvolto in fasce,
adagiato in una mangiatoia». E subito
apparve con l’angelo una moltitudine
dell’esercito celeste, che lodava Dio e
diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei
cieli e sulla terra pace agli uomini,
che egli ama».
(Lc
2,1-14)
Il
censimento era uno strumento usato dai
potenti per poter esercitare un
controllo politico e fiscale sulle
popolazioni conquistate e sottomesse.
Nel caso in questione, l’imperatore
Augusto aveva disposto che le persone
censite dovessero recarsi sul luogo di
nascita, causando un notevole disagio
soprattutto alla povera gente; questo
primo censimento, disposto
dall’imperatore in persona, doveva aver
luogo in tutto l’impero romano e ciò
avvenne, secondo gli studiosi, fra il 7
ed il 6 a.C., ossia nell’anno 746-747
dalla fondazione di Roma. Per gli amanti
di storia: cinque secoli dopo la nascita
di Cristo, un monaco di nome Dionigi,
detto il Piccolo, sbagliò i conti della
nascita di Gesù, spostandola all’anno
753 dalla fondazione di Roma e, così,
ringiovanì il Signore di almeno sei o
sette anni! Noi dovremmo avere un
calendario attualmente datato al 2017 o
2018 (alla faccia di chi segue la
profezia maya, che collocherebbe la fine
del mondo al 21 dicembre 2012!). Con le
profezie non ispirate da Dio caschiamo
proprio male. Il censimento in Palestina
fu gestito da Quirinio, governatore
romano della provincia di Siria; da
Nazaret, situata in Galilea, il
falegname Giuseppe e sua moglie Maria,
incinta di Gesù, dovettero affrontare un
viaggio lungo e pericoloso per recarsi
in Giudea, situata a sud della
Palestina:
in linea d'aria tra Nazareth e
Gerusalemme ci sono 90 chilometri, che
su strada diventano approssimativamente
120. Niente male per una donna in stato
di avanzata gravidanza, considerato che
il percorso fu coperto da Maria a piedi
o, forse, a dorso di mulo ma, di certo,
non in carrozza! Date le sue condizioni
fisiche, è ipotizzabile che Giuseppe
avesse programmato tappe di
avvicinamento a Betlemme brevi e poco
faticose, impiegando molto più tempo di
quello che sarebbe occorso ad una
persona in perfetta salute e senza
impedimenti fisici di alcuna natura.
Perché Maria e Giuseppe dovettero
recarsi proprio a Betlemme, situata a
circa 7 km dall’antica capitale del
regno d’Israele? L’evangelista ce ne dà
la spiegazione storica:
Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di
Nàzaret, salì in Giudea alla città di
Davide chiamata Betlemme: egli
apparteneva infatti alla casa e alla
famiglia di Davide.
Dunque, il nascituro era un discendente
del casato di re Davide, ma per questo
rampollo di stirpe regale non c’era
posto per nascere in una casa
normale. Giunto il momento del parto,
Maria diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo avvolse in fasce e lo
pose in una mangiatoia. Per il
discendente del re Davide e Figlio di
Dio non c’era a disposizione che una
squallida stalla per venire al mondo!
Non meravigliamoci, poi, se per
rispedirlo all’altro mondo, da cui era
venuto, gli uomini abbiano provveduto a
regalargli una croce! Il mistero
dell’amore che Dio ha per ogni uomo è
racchiuso nel segreto di una stalla,
pregna dell’odore della paglia e degli
animali che ne sono gli ospiti abituali.
Per andare incontro all’uomo, facendosi
Uomo Lui stesso, Dio scelse la compagnia
degli animali e dei pastori, posti
all’ultimo gradino della società civile
perché considerati alla stregua degli
animali, che conducevano al pascolo e
sui quali circolavano storie poco
edificanti circa le loro abitudini
morali. Proprio dai pastori, però, Gesù
ricevette i primi onori e le lodi più
spontanee e sincere, perché seppero dare
credito alle parole del “messaggero di
Dio”: Un angelo del Signore si
presentò a loro e la gloria del Signore
li avvolse di luce. Essi furono presi da
grande timore, ma l’angelo disse loro:
«Non temete: ecco, vi annuncio una
grande gioia, che sarà di tutto il
popolo: oggi, nella città di Davide, è
nato per voi un Salvatore, che è Cristo
Signore. Questo per voi il segno:
troverete un bambino avvolto in fasce,
adagiato in una mangiatoia». Cosa ne
sapevano del messia quei poveri pastori
analfabeti e tenuti lontano dalla
pratica del culto nel tempio di
Gerusalemme e dall’istruzione religiosa
impartita nelle sinagoghe, perché
considerati “impuri” ed indegni di
accostarsi al Signore Dio? Nulla, eppure
si fidarono delle parole dell’angelo e
subito si unirono alle lodi dell’esercito
celeste, che cantava: «Gloria a
Dio nel più alto dei cieli e sulla terra
pace agli uomini, che egli ama». Per
quanto dotati di intelligenza e di
capacità di compiere scelte libere e
razionali, gli uomini non sono capaci di
accostarsi a Dio, senza l’aiuto della
sua grazia. Se Dio non decidesse di
salvare l’uomo, questi non sarebbe in
grado di salvarsi da solo e quindi,
sapendo di essere amato da Do di un
amore sconfinato, ogni singolo essere
umano può ragionevolmente sperare di
essere un redento, un salvato per merito
di un puro e gratuito dono di Dio.
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