Il Vangelo della domenica
26 giugno 2011
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal
cielo. Se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno e il pane che io darò è
la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere
aspramente fra loro: «Come può costui
darci la sua carne da mangiare?». Gesù
disse loro: «In verità, in verità io vi
dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell’uomo e non bevete il suo
sangue, non avete in voi la vita. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue
ha la vita eterna e io lo risusciterò
nell’ultimo giorno. Perché la mia carne
è vero cibo e il mio sangue vera
bevanda. Chi mangia la mia carne e beve
il mio sangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha
mandato me e io vivo per il Padre, così
anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non
è come quello che mangiarono i padri e
morirono. Chi mangia questo pane vivrà
in eterno».
(Gv 6,51-58)
Gesù utilizza l’immagine del pane per
indicare quanto sia importante la sua
presenza nella vita di ogni uomo. Il
pane era considerato, nell’antichità, il
cibo vitale per tutti i popoli e le
culture che si affacciavano sul bacino
del Mediterraneo. Accompagnato a
formaggio, olive, pesce e, per i più
fortunati, alla carne di cacciagione o,
alla peggio, bagnato con acqua o vino,
il pane era il “re” della mensa di
ricchi e poveri. Ma c’era pane e pane…
Il pane d’orzo era quello usato dai
poveri, quello di frumento da quelli più
benestanti perché più raffinato e
fragrante. Ovviamente, Gesù non fa
distinzione tra l’uno e l’altro tipo di
pane, ma tra chi vuole “nutrirsi” di Lui
e chi preferisce camminare con le
proprie gambe, perché pensa di non avere
bisogno di Dio. L’evangelista Giovanni,
a differenza dei Sinottici (Matteo,
Marco e Luca), non parla
dell’istituzione dell’Eucaristia durante
l’ultima Cena, consumata coi suoi
discepoli alla vigilia della sua morte
in croce, ma dedica all’Eucaristia un
intero capitolo del suo vangelo, il
sesto, centrato sul miracolo della
moltiplicazione dei pani e su un serrato
dibattito avvenuto, il giorno dopo, tra
Gesù ed i giudei nella sinagoga di
Cafarnao. Il breve brano (pericope)
del Vangelo odierno è tratto proprio da
questa discussione, che si svolse con
toni accesi e che si concluse pure con
l’abbandono di Gesù da parte di numerosi
suoi sostenitori a causa della “durezza”
del suo discorso. Quando Gesù vuole fare
una dichiarazione solenne circa
l’essenza della sua Persona (rivelazione),
usa una formula introduttiva solenne:
Io sono. In questo caso afferma:
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in
eterno e il pane che io darò è la mia
carne per la vita del mondo.
Proviamo a tradurre in termini
comprensibili alla nostra mentalità,
plasmata dal computer e da
Internet: credete alle mie parole,
perché Io Sono il vostro Dio; io sono il
vostro pane da mangiare e se mangiate di
me vivrete per sempre. Quindi, se
non mangiate la mia Persona come si
mangia il pane per sopravvivere, andrete
incontro a morte certa. A tutta prima,
le parole di Gesù lasciarono i suoi
ascoltatori a bocca aperta, salvo poi
scatenare una reazione scandalizzata e
furibonda: Come può costui darci la
sua carne da mangiare? Già gli ebrei
avevano in orrore anche la vista di un
cadavere e se per necessità o per
sbaglio ne toccavano uno, dovevano
sottoporsi ad un lungo rituale di
purificazione per poter accedere ai riti
di culto della loro religione. Equivale
a dire che ad un cristiano dei nostri
giorni sarebbe vietato anche il solo
ingresso in chiesa per il semplice fatto
di aver toccato la salma di un suo caro
congiunto, a meno che non si sottoponga
prima ad un rituale di purificazione,
fatto soprattutto di abluzioni minuziose
e ripetute. Assurdo! Queste erano, però,
le credenze del tempo. Figuriamoci, poi,
mangiare carne umana! L’antropofagia era
un tabù per la maggior parte dei popoli
già ai tempi di Gesù, ma per gli ebrei
era un orrore inconcepibile e
sintetizzato dal divieto di “bere il
sangue” persino degli animali,
perché essi consideravano il sangue come
simbolo della vita creata da Dio e di
cui Dio solo può disporre. Detto per
inciso: i mussulmani ed i Testimoni di
Geova annettono a questo divieto divino
di mangiare la carne con la sua vita,
cioè il suo sangue (Gen 9,4) un
significato così letterale e radicale da
consumare, i primi, solo carni macellate
di animali preventivamente sgozzati e
dissanguati e, i secondi, da osteggiare
persino le trasfusioni di sangue a scopo
medico. Possiamo quindi ben immaginare
l’effetto che le parole di Gesù ebbero
sui suoi ascoltatori: come un pugno allo
stomaco. In verità, in verità io vi
dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell’uomo e non bevete il suo
sangue, non avete in voi la vita. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue
ha la vita eterna e io lo risusciterò
nell’ultimo giorno. Gesù non
intendeva certo parlare in senso
materiale, ma figurato, facendo
chiaramente intendere che ad ogni uomo
occorreva entrare in “perfetta comunione
di volontà, di intenzioni e di progetti
di vita” con la sua Persona (carne,
sangue) per avere la vita eterna (resurrezione)
al termine dell’esistenza terrena. Non
contento di aver scosso la coscienza
morale e l’intelligenza dei suoi
interlocutori, Gesù insistette: la
mia carne è vero cibo e il mio sangue
vera bevanda. Chi mangia la mia carne e
beve il mio sangue rimane in me e io in
lui. Il riferimento al miracolo
della moltiplicazione dei pani doveva
essere evidente ai giudei, i quali
avrebbero dovuto capire che il
linguaggio di Gesù doveva essere
interpretato in senso spirituale e,
probabilmente, la maggioranza di loro
dovette intenderlo proprio così, ma il
vero senso del loro rifiuto della
proposta del Signore di essere “loro
cibo e loro bevanda” può essere
sintetizzato in questo modo: noi
rifiutiamo di accettare che tu sei Dio e
non abbiamo bisogno di te; noi abbiamo
già la Legge di Dio (decalogo),
che ci è stata data per mezzo di Mosè e
tu sei un perfetto signor “nessuno”, un
falso profeta, un bestemmiatore. Facendo
riferimento al miracolo della manna,
con la quale gli ebrei erano stati
mantenuti in vita e nutriti per quaranta
anni nel deserto del Sinai, dopo la loro
fuga dall’Egitto, Gesù diede la botta
finale: Questo è il pane disceso dal
cielo; non è come quello che mangiarono
i padri e morirono. Chi mangia questo
pane vivrà in eterno. La manna non
salvò i padri da una morte naturale,
anche se donata loro da Dio, ma chi “entra
in comunione con Gesù, pane vivo disceso
dal cielo, vivrà per sempre”. Il
Pane Eucaristico è la Persona stessa
di Gesù, vero Uomo e vero Dio, che deve
essere amato, adorato, rispettato e…
“mangiato”. Chi profana l’Ostia Santa,
chi riceve indegnamente la Comunione,
chi frequenta le “messe sataniche”, chi
disprezza Cristo nella persona dei
sacerdoti in quanto tali e chi è nemico
giurato della Chiesa ha in mano il
cerino acceso, pronto a dare fuoco al
proprio “inferno” personale, che durerà
per tutta l’eternità.
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