Il Vangelo della domenica
28 agosto 2011
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare
ai suoi discepoli che doveva andare a
Gerusalemme e soffrire molto da parte
degli anziani, dei capi dei sacerdoti e
degli scribi, e venire ucciso e
risorgere il terzo giorno. Pietro lo
prese in disparte e si mise a
rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia,
Signore; questo non ti accadrà mai». Ma
egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’
dietro a me, Satana! Tu mi sei di
scandalo, perché non pensi secondo Dio,
ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se
qualcuno vuole venire dietro a me,
rinneghi se stesso, prenda la sua croce
e mi segua. Perché chi vuole salvare la
propria vita, la perderà; ma chi perderà
la propria vita per causa mia, la
troverà. Infatti quale vantaggio avrà un
uomo se guadagnerà il mondo intero, ma
perderà la propria vita? O che cosa un
uomo potrà dare in cambio della propria
vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per
venire nella gloria del Padre suo, con i
suoi angeli, e allora renderà a ciascuno
secondo le sue azioni».
Tutti si aspettano, discepoli in testa,
che Gesù sia finalmente il messia tanto
atteso: potente, valoroso ed invincibile
guerriero, capace di sbaragliare con
l’aiuto dell’Altissimo i dominatori
romani. D’altra parte, Gesù ha
dimostrato di saper compiere prodigi
inauditi e chi, meglio di Lui, potrebbe
indossare i panni del liberatore
promesso dai profeti? Pietro ha da poco
espresso a Gesù il suo pensiero su di
Lui: «Tu sei il Cristo, il Figlio del
Dio vivente». Quelle parole gli sono
uscite di bocca di getto, quasi senza
che se accorgesse; gli sono scaturite
dal profondo del cuore e Gesù gli ha
confermato che la sua affermazione è
venuta da Dio stesso. Ora, però, Gesù
comincia a dire cose strane: deve
soffrire molto per colpa delle
persone più in vista del popolo ebraico,
venire ucciso e risorgere il terzo
giorno. Pietro si sente crollare il
mondo sotto i piedi: «Dio non voglia,
Signore; questo non ti accadrà mai».
Il fedele apostolo si era già immaginato
parte di un progetto trionfale ed ora il
suo Maestro gli sta mandando in frantumi
i sogni di gloria, perché parla di
sofferenza e di morte in un momento in
cui tutti si aspettano, invece, canti di
gioia per una libertà riconquistata.
Come se non bastasse la delusione
provata nel sentirsi annunciare
sofferenze e morte, Pietro si busca pure
una lavata di capo da parte dell’amato
Maestro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu
mi sei di scandalo, perché non pensi
secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Pietro ha una visione distorta della
missione del Messia e ciò non è frutto
dell’ispirazione di Dio, ma della
perversa mentalità di “satana”
(letteralmente, avversario), il
quale fonda tutta la propria malefica
attività nel cuore dell’uomo sulla
logica della violenza, della forza
bruta, della prevaricazione,
dell’orgoglio e del dominio. Al
contrario, Dio è la quintessenza della
bontà, dell’amore, del perdono e della
misericordia e chi vuole compiere la
volontà del Signore deve adeguarsi al
suo modo di agire e di pensare, non a
quello di “satana”. A questo punto, Gesù
chiarisce il suo modo di qualificare i
veri discepoli: «Se qualcuno vuole
venire dietro a me, rinneghi se stesso,
prenda la sua croce e mi segua».
Pietro e, con lui, tutta la Chiesa
(cioè, ogni “cristiano”), deve cambiare
mentalità in modo radicale, deve
convertirsi e volgersi totalmente al
Messia reale, umile servo di Dio, non
violento e pronto a soffrire, il cui
incarico è portare su di sé il peso di
tutti i peccati dell’intera umanità
donando a tutti l’unica vera pace
possibile, che scaturisce soltanto da
Dio e non dalle dinamiche violente di
“satana”. Per essere veri seguaci di
Cristo, dunque, occorre rinnegare se
stessi, respingendo la tentazione di
mettersi al centro dell’attenzione del
mondo e di considerarsi indispensabili
al benessere materiale e spirituale
dell’intera umanità, prendere la
propria croce, dimostrandosi
disponibili ad affrontare difficoltà,
incomprensioni, derisioni e persino la
morte pur di compiere fedelmente la
volontà di Dio nel servizio dei fratelli
e, infine, seguire Gesù, sposando
in toto il suo modo di pensare e
di agire. Il Vangelo deve diventare il
vero vademecum dei cristiani, non
solo un bel libro da esporre nella
propria biblioteca e da esibire
all’occorrenza quando si vuole fare
sfoggio di cultura religiosa, citando a
memoria delle belle frasi da usare alla
maniera di saggi proverbi o di sentenze
di condanna per l’ignoranza altrui.
Conoscere a memoria il testo evangelico
non significa essere, di conseguenza,
dei cristiani veraci. Tra il dire ed il
fare c’è di mezzo il solito classico
mare di presunzione e di vanità da
superare. La via della salvezza,
percorsa da Gesù, è segnata dalla
volontà del Padre: Egli è il Messia
totalmente sottomesso al Padre, di cui
compie il disegno di salvezza anche a
costo di sacrificare la propria vita
sulla croce. Avendo scelto l’umiltà del
servo ed il dominio dell’umile, Gesù è
stato respinto dalle autorità del suo
popolo, che avrebbero preferito un
messia ben diverso, potente e forte.
Allo stesso modo, i cristiani devono
resistere alla tentazione di costruirsi
un Dio differente da quello della croce:
chi vuole salvare la propria vita, la
perderà; ma chi perderà la propria vita
per causa mia, la troverà. La croce,
abbracciata da Gesù come simbolo estremo
di servizio per il prossimo, è pur
sempre uno strumento di sofferenza e di
morte ma, anche per il cristiano
desideroso di mettersi alla sequela di
Gesù, essa è il mezzo prescelto da Dio
per scoprire la sua volontà ed assumerla
responsabilmente nella propria vita.
Solo rinunciando alla propria volontà,
si può essere disposti a compiere quella
di Dio, il quale chiede a ciascuno di
noi di svolgere nella vita un compito
specifico che non può essere assunto da
altri. A ciascuno la propria croce,
nella consapevolezza che quando noi
soffriamo anche Lui soffre con noi:
«quale vantaggio avrà un uomo se
guadagnerà il mondo intero, ma perderà
la propria vita? Il Figlio dell’Uomo
renderà a ciascuno secondo le sue
azioni». Le parole non bastano più,
una religiosità superficiale, basata
sulla partecipazione stanca ed
abitudinaria al culto della tradizione
cristiana o sulla recita distratta di
preghiere mandate a memoria come
filastrocche infantili, non è
sufficiente per salvarsi dal “regno di
satana”. Per essere veri cristiani
occorre accettare il peso della propria
croce, il che implica la disponibilità
ad accogliere l’altro ed a servirlo,
amandolo come se stessi, eliminando
comportamenti altezzosi ed egoistici che
causano solo sofferenza al prossimo.
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